venerdì 19 novembre 2010

IL SITO SANTI ANGELI CUSTODI PROMUOVE IL FILM BLASFEMO DI GUIDO CHIESA

nelle sale dal 19 novembre

FILM DA NON PERDERE


«Credevo che il cattolicesimo fosse tutto leggi e sentimenti. Poi ho letto il Vangelo e ho visto in Cristo la mia vera natura». Il regista dei partigiani racconta la sua conversione. E il suo film su Gesù.





Un bimbo e sua madre, un amore rivoluzionario. La storia della ragazza che ha cambiato il mondo racconta l'infanzia di Cristo. Da una Maria ragazzina e madre di un Gesù che muove i primi passi, fino alla donna adulta alle prese con un figlio che, ancora bambino, già sconvolge i sapienti dei tempo. La trama è incentrata sull'amore rivoluzionario tra madre e figlio, sostenuto dalla discrezione di Giuseppe. Un amore di cui i protagonisti non conoscono ancora gli esiti, ma di cui intuiscono le conseguenze straordinarie. Il film sarà nelle sale cinematografiche italiane dal prossimo 19 Novembre.



“Sono stata cresciuta nell’amore. Un amore che ho ricevuto senza chiedere”. Sono le parole della Madonna con cui comincia Io sono con te, un film sull'infanzia di Gesù nelle sale cinematografiche dal 19 novembre. La pellicola è essenziale, quasi scarna, il rapporto tra Cristo e la madre è di un amore naturale e umano, ma che sconvolge i parametri e le leggi ebraiche del tempo, tanto che parte della critica ha già ridotto la figura di questa Maria a quella di una rivoluzionaria, di «una vera femminista». «In realtà quel che sconvolge sono l'amore e la razionalità di un rapporto tra il divino e l'umano profondamente ordinario», dice a Tempi il regista del film, Guido Chiesa. «Non c'è nulla di sensazionale o mistico in questo film, perché il cristianesimo non è uno spiritualismo particolare. Non ha nulla di irrazionale. Purtroppo, però, oggi è spesso presentato o come una regola da rispettare o come un sentimento mistico e irrazionale. Anche io la pensavo così».



E cosa le ha fatto cambiare idea?



Ho approcciato i Vangeli da non credente, solo perché mia moglie e una sua amica hanno iniziato a parlarmene in modo per me bizzarro. All'inizio le ho prese per pazze, poi ho visto che quei testi parlavano davvero al mio cuore. Mi dicevano di una storia umana, di una Madonna non sottomessa e succube come invece una certa tradizione cattolica, in cui sono cresciuto, mi aveva fatto pensare. Ho scoperto che la storia di Maria e Gesù è quella di un mistero che entra nella vita naturale dell'uomo. Quando ho iniziato a leggere il Vangelo di Luca ho sentito chiamata in causa la mia ragione scettica e nichilista. E la cosa incredibile è che potevo verificare quanto era scritto nella mia vita quotidiana. Ho capito da padre cosa significa amare i figli. Ho imparato non il bene mieloso o sentimentale, ma reale, di cui si può fare esperienza seguendo Gesù. Ho iniziato a guardare i miei cari con lo sguardo che scoprivo dentro quei testi e ne ho colto la bellezza. P questa la rivoluzione, che non è l'assenza di legge, ma il suo compimento. Non la legge vecchia degli uomini, ma quella di Dio che soddisfa infinitamente di più.



Nel film lo fa dire ai sapienti che indagano su Gesù: «Quel bambino obbedisce a una legge che è inscritta nel cuore umano».



L' amore di Dio non è un inno al libertinismo. Dio è venuto a rendere l'uomo se stesso, a fargli scoprire una norma che ha già dentro di sé. Infatti, Lui ci aiuta a realizzarci. Non solo nell'animo, ma anche nel corpo, nella mente. Cose che io pensavo che il cristianesimo separasse. Credevo che mirasse a un'ascesi che prescinde dalle contingenze corporali. Mentre io, ad esempio, con la conversione ho iniziato a guardare ad alcuni aspetti concreti di me e della mia vita che avevo sempre trascurato.



L'intelligenza di Gesù sconvolge i dottori del tempio, persino sua madre e suo padre. Ma i se i primi si ribellano i secondi si innamorano. Come mai?



E’ il dramma di oggi. Io ho scoperto, e ho cercato di rappresentarlo, che la vita non dipende da me. Quando l'ho capito ho dovuto cambiare il modo in cui ho pensato e vissuto per quasi cinquant'anni. L'ho fatto dopo aver cercato, per una vita, la libertà nella politica e nell'azione umana. Accettare questo amore può spaventare, come spaventò i farisei. Per questo motivo il cristianesimo può produrre resistenza, pur essendo corrispondente ai cuori. E’ un paradosso: ci ribelliamo alla vera libertà per paura.



Nei suoi film precedenti è sempre l'azione umana la chiave per la liberazione dall'oppressione dei potere. Ma ora mette insieme dipendenza e libertà. Perché?



Ho capito che la vita è libera se dipende. lo non sono mio, io non controllo tutto, sono nelle mani di Uno più grande di me. Posso intuire la Sua volontà se sono leale con la mia intelligenza, e dove non arrivo so che posso fidarmi, perché ho visto che è bene. Se ci pensiamo, noi oggi siamo schiavi proprio perché non vogliamo dipendere, non siamo umili e l'orgoglio ci imprigiona in noi stessi, nelle nostre paure, nel pensiero che tutto va se noi lo facciamo funzionare. Così, però, viviamo nell'ansia.



Il Giuseppe di Io sono con te non comprende tutto, ma si fida dei bene di Maria. La Madonna invece è totalmente abbandonata, innamorata di suo figlio. Non che non si spaventi, e neanche lei capisce tutto, ma non dubita mai: è lei a tranquillizzare sempre il marito. Cosa comunica questo rapporto?



Maria è il tramite da cui dobbiamo passare per fidarci dei piani di Dio. E la strada della vita sta nell'accettare o meno questo amore. Se lo facessimo sempre saremmo nel regno dei cieli, beati, come beata è la bellezza della Vergine, che proprio per il suo abbandono totale può essere la madre di Dio. Quando veniamo meno a questo iniziano il male e le sofferenze.



Ma nel film sia Maria sia Giuseppe, così come Gesù e i santi innocenti, soffrono, pur obbedendo alla volontà di Dio. Come è possibile che Dio lo permetta?



Dio non vuole il male. E l'uomo che opponendosi a Lui lo fa. Per questo Dio si fa carne e soffre per liberarci dai nostri orrori. E lo fa non con la magia, ma con la carne e le ossa. Non c'è niente di più grande e affascinante di un Signore del genere, che entra dentro ogni aspetto dell'esistenza.



Per questo Gesù, pur portando una legge nuova, più profonda e davanti alla quale perfino i saggi dicono di non valere nulla, segue comunque le leggi dei suo tempo?



Esatto. E infatti non capisco un certo cristianesimo avulso dalla realtà. Dio ha fatto i conti con il suo mondo, è stato davanti alla mentalità del suo tempo così com'era, per sfidarla e cambiarla. L'ha rivoluzionata da dentro la sua storia, le sue sinagoghe e il suo popolo.



Nel film Gesù, il figlio di Dio, interroga continuamente la Madre, un essere umano, sull'ingiustizia delle leggi umane e sulle scritture. Come è possibile?



Dio è razionale, ha percorso la strada che dobbiamo percorrere noi uomini per compierci in intelligenza e cuore. Il cristianesimo mi ha colpito per questo. Perché la fede e la ragione si completano strada facendo. Gesù non si sarebbe compiuto senza la madre e il padre che ha avuto, senza quella educazione all'intelligenza e all'amore. Così quel bambino, quando è cresciuto, ha potuto fare lo stesso e liberare l'uomo. Mentre il potere lo schiacciava. Infatti, prima di lui, non c'è religione che non condanni qualche aspetto dell'essere umano. Se i bambini non erano perfetti erano considerati dannati, le donne impure e i malati indemoniati. Lo vediamo anche oggi che il cristianesimo pare scomparire: i piccoli vengono abortiti, le donne pensano di essere libere, ma sono schiave. Nel corpo, ad esempio. Pensiamo solo alle mille diagnosi prenatali o alla fecondazione assistita. Solo il cristianesimo valorizza davvero le donne. E anche l'infanzia e la malattia assumono una dignità inaudita.



L'ambiente da cui proviene che reazione ha avuto davanti a questo film?



Prima di vederlo i colleghi erano imbarazzati. Mi dicevano: «Ecco, hai avuto la svolta mistica». Perché il problema è che non si sa veramente chi sia davvero Gesù. Molti, infatti, dopo aver visto la pellicola hanno cambiato idea. Mi hanno confessato di essersi interessati per la prima volta a Cristo. «E' umano e straordinario, non credevo che fosse così», mi ha detto qualcuno. Li capisco, perché il cristianesimo che anche in passato ho respirato si è vergognato di questa umanità, così difficile da accettare. Perciò Dio si è allontanato. L stato relegato nei cieli o al massimo ridotto a una regola. Mentre la vita di Gesù parla ai cuori degli uomini. A quelli di allora e a quelli di oggi, come nessuno ha mai fatto.



Benedetta Frigerio (Intervista apparsa su TEMPI 17 novembre 2010)




CHI E' GUIDO CHIESA Dalla Resistenza a Nazareth. Nato a Torino nel 1959, il regista Guido Chiesa studia in America Storia dei cinema.Lì lavora con diversi registi prima di tornare in Italia, dove esordisce nel 1991. Le pellicole precedenti a Io sono con te sono per lo più "politiche". In Babylon (1994) Chiesa descrive le mutazioni etniche della Torino del crollo economico. Nel documentario 25 aprile: la memoria inquieta (1995) racconta l'Italia partigiana. Nel 1998 ricostruisce la vita dello scrittore piemontese Giuseppe Fenoglio e il suo coinvolgimento nella Resistenza. Da qui nasce uno dei suoi film più celebri, Il partigiano Johnny, tratto proprio dal romanzo di Fenoglio.


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A colloquio con Guido Chiesa che ha diretto "Io sono con te" in concorso a Roma


Racconto la donna che ha cambiato l'umanità

di Luca Pellegrini (L’Osservatore Romano 31/10/2010)


Nella Nazareth di duemila anni fa. Una madre e un figlio. Giocano, sorridono, si guardano, si abbracciano. Guido Chiesa, dopo una serie, pur breve, di film politicamente e socialmente impegnati, torna al cinema con Io sono con te, per raccontare la storia di Maria e del figlio Gesù. Un lavoro pensato, voluto a tutti i costi. Abbiamo visto in anteprima il film che sarà in concorso al Festival del cinema di Roma e la sensazione è quella che sia frutto di una sua esigenza spirituale vera.
"Nicoletta Micheli, mia moglie e autrice, insieme a me, della sceneggiatura - ci dice il regista - si è dovuta interrogare, diventando madre, su tanti nuovi problemi e sentimenti. Ci siamo così imbattuti nella lettura dei Vangeli dell'infanzia: ai nostri occhi, all'epoca di non credenti, è stata una sorta di epifania. Mi sono accorto, a posteriori, che molti vivono il confronto con il religioso come se fosse qualche cosa di magico, di evanescente, non legato alla realtà quotidiana e concreta delle nostre vite. All'inizio, ho lavorato alla sceneggiatura più con un'adesione di tipo razionale, come se fosse un percorso intellettuale, emotivo. Alla fine è diventato un cammino di fede e tutto si è ricomposto".

Perché questo film è così importante per la sua vita e per quella di molti?

Perché, semplicemente, propone un modello di relazione madre-figlio, genitori-bambini, che è universale. Io sono con te riguarda tutti, sia che siamo genitori, sia che siamo figli, perché tutti siamo stati piccoli. Ho cercato di rivolgermi a tutti, senza distinzione di cultura, di fede, privilegiando una prospettiva femminile e proponendo un modello positivo fondato sull'amore e la fiducia.

Fin dalle prime immagini, si percepisce come tutto sia spoglio, essenziale: non ci sono angeli, comete, voci dall'alto, miracoli. Perché?

Il soprannaturale non è visibile, non può essere affrontato con i nostri strumenti di pensiero, la nostra logica, la ragione. Il mistero trascende i limiti, per noi, non può essere rappresentato. Però è accettabile e comprensibile. Ho voluto spogliare tutto il racconto dell'infanzia da una possibile e pericolosa rappresentazione magica. Mi sono interrogato e concentrato sul ruolo centrale di Maria, della Madre, ossia il ruolo della donna e della maternità.

Eppure, in alcune immagini, si avverte la forza straordinaria e speciale del rapporto d'amore tra questa Madre e il Figlio.

Il Vangelo è anche un modello antropologico e pedagogico universale e straordinario, perché fondato sull'amore positivo, sulla fiducia. In un'epoca in cui siamo circondati da messaggi di pessimismo, di disperazione - spesso anche legittimi - è da lì che bisogna ripartire: da una madre e un figlio. L'amore può davvero cambiare le cose.

L'essenzialità scarna del contesto richiama in qualche modo la lezione cinematografica del Vangelo pasoliniano. È d'accordo?

Pasolini, lo dice lui stesso, cercava disperatamente Gesù e lo faceva da non credente. Soffriva di questa sua ricerca, ha sofferto fino alla fine. Per me è esattamente l'opposto: sono un credente che cerca di andare verso tutti, chi crede e chi no. Nel tentativo di convincere che il Vangelo non parla di magie, ma di cose molto concrete. La grande sfida del cristianesimo, oggi la grande sfida nel messaggio di Benedetto XVI, è questo tentativo di armonizzare, in ogni contesto di vita, la ragione e la fede.

Si è confrontato con qualche Vangelo cinematografico, prima di iniziare le riprese?

Ho visto tutti i film su Maria. Ho visto soprattutto ciò che non mi piaceva, i film in cui Maria è costretta nell'immagine di una pia donna, sottomessa e dimessa in un angolo. Ho voluto abbandonare un'iconografia della Madonna intesa in quel senso.

Anche il mondo ebraico circostante è particolare: policromo, arcaico.

Ho restituito il colore - la terra, il sangue, il deserto, le vesti - i volti e gli ambienti, che ho recuperato in Tunisia, cercando di rappresentare l'ambiente più attendibile in cui è avvenuta la nascita di Gesù.

Fin dalle prime immagini la giovanissima Maria - che ha il volto berbero e sconosciuto di Nadia Khlifi da piccola e di Rabeb Srairi da adulta - si dimostra (anche se per la verità in modo del tutto implausibile) insofferente alle imposizioni rituali e cultuali, a ogni forma di sopraffazione.

Il suo atteggiamento è molto attuale. Perché al legalismo rituale oggi si è sostituita l'interferenza medica. Tutto ciò che riguarda la femminilità e l'intimità della donna, a cominciare dal parto, è stato violato dalla medicina e dai medici, che s'intromettono violando il ruolo della donna. Nessuna, tra le grandi religioni, ha alla sua origine un parto come quello di Maria, che è sola dinanzi al mistero della sua maternità. Capisce che la relazione col Figlio è simbiotica, intima, privata: sono soli, isolati nella grotta. Anche Giuseppe fa un passo indietro. È un modello di paternità meno focoso, meno aggressivo, più umile. Ma non si tira indietro quando è necessario proteggere la famiglia.

Il parto di Gesù, in ogni film, è un momento delicatissimo.

Pudicamente, in quel momento difficile, mi allontano.

Il dolore occupa uno spazio di primo piano nel film. Un anziano pastore profetizza: "Il dolore che tentate di risparmiare oggi al bambino, sarà uno scandalo per molti. Ma non avete paura per quello che dovrà subire in futuro?". Maria risponde con un sorriso aperto, innocente, bellissimo. Perché?

Perché si mette totalmente nelle mani di Dio. Maria è umile, risponde semplicemente: che cosa posso fare io, così piccola, indifesa, sola? Dio mi chiede di avere misericordia, di volergli bene, di proteggerlo, di amarlo. Questo io faccio. Non posso avere paura di quello che mi chiede. Soltanto quando non troverà più il Figlio dodicenne, quando intuirà che la libertà di Gesù non si può condizionare e fermare, Maria capirà fino in fondo. In quel momento una spada le trafigge il cuore.

Si è chiesto come reagiranno i non credenti e i cattolici alla visione del film?

L'ateo sarà colpito dall'aspetto femminile che ho voluto evidenziare, dalla pedagogia evangelica, dalla moralità del racconto. Al mondo cattolico chiedo soltanto di capire il mio sincero tentativo. Io non ho voluto fare scandali con il mio film. Il vero scandalo è il cristianesimo, Cristo è lo scandalo per la società del suo tempo, la sua croce è lo scandalo per tutta l'umanità.


Maria, nelle ultime immagini, è una donna assai anziana, che confessa: "Non possiamo capire cosa è stato, se non torniamo all'inizio".

Spero, come Maria, che tutti riescano a riflettere sulla madre e il padre che abbiamo avuto, perché è da lì che veniamo, da loro abbiamo avuto la vita. E sui genitori che a nostra volta siamo stati. Il Vangelo ci dice tutto su questo rapporto. Perché Maria sente la necessità di raccontare questo inizio? Non bastava raccontare la Passione e la Resurrezione? Perché gli Evangelisti sentono la necessità di raccontare la storia di Maria e della nascita di Gesù? Io tento di dare una risposta, raccontando la storia di una donna che ha veramente cambiato per sempre il volto dell'umanità e il posto della donna nella società. Maria sente l'esigenza di raccontare perché è l'unica che sa degli inizi, e vuole che non li dimentichiamo.




http://www.santiangelicustodi.com/news.asp?id=222

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